La confederazione europea delle piccole imprese esprime le proprie perplessità sul decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 2 luglio in materia di mercato del lavoro. Infatti crediamo che il “decreto dignità” come lo ha voluto chiamare il Ministro Luigi Di Maio, sicuramente spinto dalle migliori intenzioni, rischi non solo di irrigidire immotivatamente il
La confederazione europea delle piccole imprese esprime le proprie perplessità sul decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 2 luglio in materia di mercato del lavoro. Infatti crediamo che il “decreto dignità” come lo ha voluto chiamare il Ministro Luigi Di Maio, sicuramente spinto dalle migliori intenzioni, rischi non solo di irrigidire immotivatamente il mercato del lavoro ma di ottenere un effetto paradosso che porterebbe le aziende a non rinnovare i contratti in essere per affidarsi nella migliore delle ipotesi alle agenzie interinali, veri templi della precarietà.
L’idea di disincentivare i contratti a tempo in essere aumentando il carico contributivo delle aziende, che già aveva un’addizionale dell’1,4%, che passa all’1,9% cui bisogna aggiungere uno 0,5% ad ogni rinnovo, porterà le aziende a rinunciare alla proroga dei contratti e non come si vorrebbe alla trasformazione degli stessi in contratti a tempo indeterminato. Creando così un danno sia alle aziende che ai lavoratori. Apparirebbe più sensato percorre la strada della decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato e non quella dell’aumento dei contributi per quelli a tempo determinato.
Il mercato del lavoro merita provvedimenti organici e non impervie strade che rischiano di creare solo confusione e distrazione della domanda dall’offerta. Fermo restando che il lavoro è creato dalle imprese e dal mercato e non dalle norme.
Questo a grandi linee quello che prevede il “decreto dignità” approvato dal Consiglio dei Ministri.
Cosa dice il decreto dignità (di cui non abbiamo ancora copia pubblicata in Gazzetta ufficiale controfirmata dal Presidente della Repubblica)
Le aziende che ricevono aiuti dallo Stato non potranno delocalizzare per 5 anni, pena una multa da due a quattro volte gli aiuti ricevuti, con un interesse maggiorato del 4%. Una norma che farà certamente discutere perché è dubbio che possa essere applicata a quelle imprese che dovessero scegliere di spostarsi in un paese Ue.
Lavoro e licenziamenti
L’obiettivo è quello di scoraggiare le aziende a fare ricorso ai contratti a tempo determinato, preferendo quelli senza limiti di tempo. I datori di lavoro che dovessero ricorrere a un’assunzione temporanea dovranno pagare l’1,9% di contributo addizionale (oggi è all’1,4%) sulla retribuzione imponibile a scopi previdenziali.
A ogni rinnovo scatterà un’addizionale supplementare dello 0,5% a carico esclusivamente del datore di lavoro, fondi destinati a finanziare le casse della Nuova assicurazione sociale per l’impiego (Naspi). I contratti a tempo determinato non potranno avere durata superiore ai 24 mesi e potranno essere rinnovati al massimo per 4 volte, norma che si applica anche ai contratti attualmente in essere.
Per frenare i licenziamenti abusivi l’indennizzo riconosciuto ai lavoratori ingiustamente allontanati verrà aumentato del 50% e, in caso di licenziamento senza giusta causa, l’indennizzo potrà essere pari a 36 stipendi.
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